NOTIZIARIO N. 76 ECOFIN AGENZIE FISCALI
DOMANI TUTTI IN ASSEMBLEA, PER CONTARCI E PER CONTARE!
Ci sono da recuperare 4.500 euro a testa. Tutta la vertenza in pillole.
Il 2 aprile del 2019 oltre il 75 per cento dei lavoratori dell’Agenzia delle Entrate scese in piazza e partecipò allo sciopero per il tentato scippo di 30 milioni di euro che il Governo, con la complicità dell’Agenzia, cercava di perpetrare. Si trattava di meno di 1.000 euro a testa eppure non ci pensammo due volte a ribellarci ad un sopruso. E il giorno stesso avemmo garanzie che il taglio fosse azzerato. Oggi, siamo di nuovo a protestare unitariamente, noi di FLP assieme a CGIL FP, CISL FP, UILPA e Confsal-UNSA, ma stavolta per recuperare 4.500 euro a testa che ogni anno ci vengono tagliati per effetto della cattiva interpretazione delle norme vigenti sui tetti al salario di produttività.
In soldoni: noi che lavoriamo per obiettivi, e che siamo le uniche pubbliche amministrazioni a veder stanziati fondi per la produttività solo se questi si raggiungono, siamo da svariati anni nella condizione per cui tutti i soldi che ci siamo guadagnati in tal modo ci vengono tagliati, in modo talmente paradossale che se da oggi in poi non raggiungessimo più nessun obiettivo, non ci rimetteremmo un euro.
Ma come si è arrivati a questo punto? Riassumiamo la vertenza in pillole:
Anni ’90: nell’allora Ministero delle Finanze l’incentivo alla produttività era semplicemente una percentuale di quanto ogni ufficio incassava nella lotta all’evasione fiscale;
2000: vengono varate le Agenzie Fiscali e, in capo a pochi anni, la politica decide che gli incentivi vanno pagati solo se si raggiungono gli obiettivi inseriti nella Convenzione con il Ministero dell’Economia e calcolati in base a parametri nuovi fissati nell’articolo 3, comma 165 delle Legge 350/2003. La norma però prevede che questo avvenga rispettando il principio di neutralità finanziaria, cioè che il nuovo calcolo degli incentivi non possa mai superare quanto complessivamente veniva erogato ai lavoratori precedentemente con le vecchie regole. Vi è quindi un taglio “a monte” sul salario accessorio;
2010: il Governo Berlusconi, Ministro per la Pubblica Amministrazione Brunetta, blocca contratti e salari dei dipendenti pubblici con l’articolo 1, comma 9 del Decreto Legge 78/2010 (erano gli anni in cui Brunetta a destra e Ichino a sinistra ci dipingevano tutti come fannulloni e inneggiavano ai licenziamenti) e con essi anche il salario accessorio, che non poteva essere maggiore di quanto complessivamente percepito nel 2004;
2010: con la stessa norma, all’articolo 2-bis si prevede che il trattamento accessorio deve essere tagliato ulteriormente se il personale diminuisce. In sintesi lavori di più, ti paghiamo di meno. Inizia così a prendere corpo un paradosso per il quale i fondi di produttività per le Agenzie Fiscali subiscono un doppio taglio, “a monte” perché non possono essere di fatto superiori a quelli percepiti nel 1997 e “a valle” perché ai fondi già tagliati si applica un
ulteriore taglio, caso unico nel pubblico impiego;
2013: l’articolo 1, comma 456 della Legge di Bilancio per il 2014 fissa la fine del blocco del salario accessorio al 31 dicembre 2014 ma, nel contempo, rende i tagli “storici” applicati dal 2011 al 2014 strutturali e sottrae definitivamente le relative somme alla contrattazione integrativa;
2015: la legge di Bilancio per il 2016 reintroduce i tetti fissando nel salario accessorio 2015 il nuovo tetto da rispettare. Come dire: abbiamo scherzato;
2017: l’articolo 23, comma 2, del Decreto Legislativo 75/2017 proroga il tetto al salario accessorio. I tetti fissati da quel decreto si applicano ancora oggi;
2018: FLP, FP CGIL, CISL FP, UIL PA e Confsal-Unsa (allora ancora Salfi) si incontrano per decidere una strategia comune che eviti il doppio taglio che inizia a pesare sui lavoratori in modo consistente. All’incontro intersindacale partecipa anche la USB che però si defila dalla vertenza che si stava avviando dichiarando, per bocca dell’allora rappresentante nazionale, che non si mischiava con gli altri sindacati (giusto a proposito del fatto che oggi questi signori si lamentano di essere stati esclusi dalla vertenza). Nel momento in cui parte la vertenza i
tagli annui all’Agenzia delle Entrate ammontano a 79 milioni di euro.
2019: nel corso dell’incontro sulle Convenzioni il fronte sindacale che ha avviato la vertenza pone all’attenzione del Viceministro dell’Economia del Governo Conte, Antonio Misiani, il problema del doppio taglio al salario accessorio e incassano la disponibilità a trovare una soluzione. In quell’occasione i sindacati avvertono che non staranno con le mani in mano e preannunciano mobilitazioni del personale;
2020: scoppia la pandemia di COVID-19 e il fronte sindacale unito, responsabilmente, sospende tutte le vertenze per il principio che non si scende in piazza quando ci sono i morti per strada e il lockdown vieta di uscire di casa.
2022: non appena la pandemia allenta la morsa FLP, FP CGIL, CISL FP, UIL PA e Confsal-Unsa riprendono la vertenza e vengono ricevuti dal vice Ministro all’Economia del Governo Draghi Laura Castelli che in un primo momento si dimostra collaborativa mentre in un secondo momento, alla caduta del Governo, dichiara di non poter portare una modifica normativa in Consiglio dei Ministri pur riconoscendo tutte le nostre ragioni;
Agosto 2023: la vertenza non si ferma. In occasione dell’incontro annuale sulle Convenzioni,che vede la partecipazione del nuovo Viceministro all’Economia Maurizio Leo e dei due direttori delle Agenzie Fiscali Alesse e Ruffini, i sindacati chiedono con forza una norma che eviti lo scippo di denaro che ormai è arrivato a livelli insostenibili. Viceministro e direttori delle Agenzie si dichiarano solidali con il personale e prendono l’impegno a convocare un tavolo immediato subito dopo la pausa estiva per presentare una soluzione normativa nella Legge di bilancio;
13 settembre 2023: si svolge la prima e unica riunione del tavolo tecnico presso il MEF nel quale i sindacati portano le loro proposte unitarie e il MEF ci dà appuntamento al massimo entro una decina di giorni per presentare proposte concordate di modifica normativa;
Ottobre 2023: inizia la “strategia dell’opossum” da parte di Viceministro e Ministero. Si fingono morti appunto come fa l’opossum davanti ad un predatore (peccato che i predatori siano loro e non noi). Il sindacato scrive più volte unitariamente chiedendo la convocazione promessa ma non giunge alcuna risposta né dal Viceministro né dal Ministero. Analoga figura fanno le delegazioni trattanti delle Agenzie Fiscali che alla richiesta di notizie fanno spallucce e ci dicono di non sapere niente dei nostri soldi, della soluzione normativa e di altro. Manca solo che ci dicano che loro quando si sono fatte le riunioni non c’erano e se c’erano dormivano (cosa molto probabile);
3 novembre 2023: i sindacati unitariamente dichiarano lo stato di agitazione e indicono due momenti di mobilitazione, uno le assemblee per il 15 novembre, l’altro una mobilitazione per il 23 con presidio davanti alla sede del Ministero di Piazza Mastai a Roma e manifestazioni davanti alle Prefetture nelle maggiori città italiane.
Questa è la sintesi (non troppo sintetica) di come negli anni si è arrivati alle manifestazioni odierne. Nel frattempo, le stratificazioni hanno fatto crescere il taglio al salario accessorio fino a 135 milioni per l’Agenzia delle Entrate e a 40 milioni per l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, cioè circa 4.500 euro a testa che vengono tagliati dai salari dei lavoratori nonostante raggiungono tutti gli obiettivi di Convenzione. La beffa è che questi soldi non tornano al bilancio dello Stato ma restano sui bilanci delle Agenzie che possono farci ciò che vogliono salvo distribuirli ai lavoratori. Sarà forse per questo che sono un po’ restii a darci una mano a recuperarli?
Ora siamo davvero stufi: ci ritroviamo con l’ennesimo Governo che ci dà ragione a chiacchiere ma che non ascolta nei fatti e con i direttori delle Agenzia Fiscali che non difendono i loro lavoratori. Se non vogliamo perdere definitivamente anche la dignità dobbiamo partecipare tutti alle assemblee del 15 novembre.
Solo se saremo in tanti riusciremo a dare a Governo e Direttori delle Agenzie il segno che non siamo più disposti a subire il taglio ogni anno di 4.500 euro ai nostri salari. Il 15 novembre, per due ore, non vogliamo vedere gente dietro agli sportelli, in attività di verifica esterna, nelle Commissioni Tributarie a difendere atti, agli scanner a controllare merci o in contraddittorio con i contribuenti. Dobbiamo fermare tutte le attività per rendere palese il nostro malcontento. Quindi, tutti coloro che sono in presenza devono timbrare assemblea nelle due ore previste e tutti i
lavoratori in smart working devono mandare una mail ai datori di lavoro per confermare la loro partecipazione all’assemblea. Abbiamo 4.500 buoni motivi per farlo, tutti insieme!
L’UFFICIO STAMPA